Perché ci sono tanti turchi in Germania? Il fenomeno dell'immigrazione turca in Germania ha seguito un percorso particolare e travagliato, influenzato dagli avvenimenti storici e dalle leggi tedesche in materia, o meglio, dalla loro interpretazione. Oggi in Germania ci sono ben 2,7 milioni di turchi, molti dei quali integrati pienamente nella società tedesca. Tuttavia, il processo d'integrazione è stato lento e tormentato. Perché? Per vedere come sono andati i fatti dobbiamo fare un salto negli anni '60.
Dopo la Seconda Guerra Mondiale la Germania, così come quasi tutto il resto dell'Europa non comunista, sperimentò una crescita esponenziale dell'economia, pompata tra l'altro dagli aiuti provenienti dagli Stati Uniti (Piano Marshall). Per soddisfare la domanda urgente di manodopera non qualificata nelle fabbriche e in agricoltura, il governo decise di aprire le porte del paese agli immigrati, accogliendo milioni di stranieri in pochi decenni. Bastino i numeri: la Germania è passata da 1 milione e mezzo a 3 milioni di immigrati in 20 anni ('50-'70), arrivando ai quasi 10 di oggi.
I rapporti con la Turchia furono siglati da un accordo bilaterale firmato nel 1961, riguardante l'invio di forza lavoro in Germania. La Turchia dopotutto soffriva di una forte disoccupazione e il fenomeno dell'abbandono delle campagne e del sovraffollamento delle città causava non pochi problemi. Inizialmente furono rilasciati permessi di soggiorno della durata di un anno, successivamente allungati fino a 2 e 5 anni. Gli accordi iniziali puntavano sulla strategia di ricambio continuo dei lavoratori, ma dopo un breve rodaggio ci si rese conto che i nuovi arrivati tendevano a mettere radici nel paese di destinazione, inceppando il sistema.
I turchi in Germania ebbero non pochi problemi di integrazione. Malgrado le leggi tutelassero teoricamente gli immigrati, garantendo loro un trattamento non dissimile da quello riservato ai cittadini tedeschi, di fatto le aziende tendevano a soprassedere, ghettizzando la comunità straniera. I turchi non ricevevano l'assicurazione sanitaria né il sussidio di disoccupazione, non riuscivano ad accedere alle pensioni e a ottenere balzi di carriera per migliorare col tempo la qualità della propria vita.
A intensificare questi infelici sviluppi del fenomeno migratorio fu la congiuntura economica che si delineava in Turchia. Se inizialmente gli immigrati erano lavoratori qualificati - quelli richiesti dallo stesso governo tedesco - in un secondo momento cominciarono a trasferirsi masse indistinte di disoccupati senza alcuno skill né competenza. Questi si portavano dietro la famiglia spesso e volentieri: in caso contrario il governo tedesco non pagava gli assegni familiari. Le aziende tedesche, così come la società, cominciarono a etichettare gli immigrati come incapaci e nullafacenti, violando spesso e volentieri il "pricipio di assoluta eguaglianza di trattamento" sancito dalla legge.
Le aziende che avrebbero dovuto garantire "lo stesso salario per lo stesso lavoro" fecero orecchie da mercante, appellandosi al fatto che "quello stesso lavoro" non vi sono tedeschi disposti a farlo. Gli immigrati finirono per essere relegati alle peggiori mansioni, ignari o poco attenti ai diritti che la legge attribuiva loro in termini di sicurezza sul lavoro, minimi salariali, discriminazione etc.
Per fortuna, col tempo le cose sono cambiate. Già negli anni '70 parte di chi aveva deciso di restare in Germania era già riuscito a comprare una casa e a inserire con successo i figli nel sistema educativo tedesco. Oggi tanti discendenti di ex immigrati turchi occupano posizioni di prestigio all'interno delle aziende tedesche, sono perfettamente integrati nella società nella quale da sempre hanno vissuto e mantengono intatte le tradizioni famigliari.
Anche dal punto di vista sociale si sono verificati dei cambiamenti importanti. Le manifestazioni di razzismo sono sempre più sporadiche e il governo ha espressamente ringraziato gli immigrati di un tempo per aver contribuito alla crescita economica del paese. Inoltre, dal 2000 la cittadinanza tedesca si può avere dopo 8 anni di permanenza, mentre al bambino nato da genitori stranieri spetta la cittadinanza tedesca, se questi hanno un permesso di soggiorno che va dagli 8 anni in su.
Oggi più di 600.000 turchi sono oramai cittadini tedeschi, e Berlino è la città turca più grande d'Europa, con le sue 100 e più moschee e i suoi cinque quotidiani in lingua turca. Ci sono turchi anche in Parlamento e più di 40.000 sono proprietari di imprese che assumono dipendenti turchi e tedeschi.
Non è raro nemmeno trovare tedeschi in Turchia: i buoni rapporti tra i due paesi hanno fatto sì che si innescasse anche il fenomeno migratorio contrario, con gli anni, ripercorrendo strade già battute in passato: i cosiddetti "Tedeschi del Bosforo" erano quei cittadini scappati dalla Germania nazista e dall'ex Impero Austro-Ungarico, stabilitisi nella Repubblica di Turchia e nell'ex Impero Ottomano. I loro discendenti vivono ancora qui e sono oramai cittadini turchi a tutti gli effetti.
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