In tanti restano stregati da Istanbul, al punto da mettersi alla ricerca di un lavoro pianificando la fuga dall'Italia, magari al ritorno da una semplice vacanza. Non c'è da stupirsi. Innanzitutto, Istanbul è una città viva, affascinante, piena di opportunità e in crescita continua. In secondo luogo l'italia, che non ha niente da invidiare in fatto di monumenti storici e bellezze naturali, attraversa al momento una crisi senza precedenti.
Oggi come oggi, l'esperienza degli italiani alla ricerca di un impiego all'estero ha insegnato che non esiste una sola strada per "mollare tutto" e rifarsi una vita. Decidere di abbandonare il paese, imparare una lingua straniera e integrarsi in una realtà sconosciuta richiede determinazione e lucidità; in pratica, bisogna avere le idee ben chiare. Che sia Londra, Dublino, Melbourne o Toronto, è importante valutare il mercato e i suoi trend, ovvero la domanda di beni e servizi (per chi vuole aprire un'impresa) o la richiesta di lavoro (per chi cerca un lavoro dipendente).
Domandatevi quindi: quale settore sta crescendo? E qual è la concorrenza che dovrò affrontare? Per esempio: se il vostro obiettivo è insegnare italiano a Londra partite pure: ma sappiate che la domanda non è altissima, quanto invece lo è l'offerta. In poche parole, le persone interessate a imparare l'italiano sono veramente poche in confronto agli italiani che vorrebbero insegnarlo.
E a Istanbul? In che condizioni versa il mercato? E qui vorrei rispondere direttamente alla domanda che ha dato il titolo a questo articolo introduttivo e che sicuramente ha solleticato la vostra curiosità.
Perché lavorare a Istanbul?
Perché la Turchia è uno dei pochi paesi "europei" (geograficamente parlando, Istanbul è anche in Europa) che CRESCE. La crisi che coinvolge tutti (o quasi) i paesi dell'Eurozona, ha costretto frotte di aspiranti emigrati a consultare siti come questo, alla ricerca di una seconda opportunità, di una vita migliore o semplicemente di un lavoro per campare. Ebbene, se guardate a Oriente, la Turchia è certamente una succulenta opportunità. Nel 2005 il reddito pro-capite turco ha subito un'impennata del 7,4%, e nonostante le spinte inflazionistiche il governo è riuscito a stabilizzare la crescita abbozzando uno stato sociale.
Ovviamente non sono tutte rose e fiori. Anche il paese di Ataturk ha risentito della crisi internazionale che nel 2009 ha fatto registrare un calo del PIL pari al 4,8%. Ciò nonostante, nel 2010 il trend si era già pesantemente invertito, raggiungendo un ottimo +9,2%, stabilizzatosi nel 2011 con un +8,5%. Nel 2012, la situazione economica fotografata sinora è incoraggiante, con un ritmo di crescita del PIL pari al 3,3% e al 2,9% per i rispettivi primi due trimestri dell'anno (Fonte: Ambasciata Italiana in Turchia).
Detto questo, non date tutto per scontato. Per inserirsi in un mercato serve comunque una buona capacità di integrazione e - perché negarlo - anche una certa dose di fortuna.
Restate connessi, presto pubblicheremo un interessante report di mercato, con uno sguardo particolare alla "Capitale morale" della Turchia, Istanbul, e apriremo un angolo virtuale dedicato alle offerte di lavoro.
Alla prossima!
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