Il Capo del Governo Recep Tayyip Erdogan vorrebbe trasformare la Turchia in una Repubblica Presidenziale. L'idea di emulare gli Stati Uniti, accentrando il potere sulla cosiddetta Head of State, si è tradotta in una proposta di legge inoltrata oggi alla Grande Assemblea di Ankara.
Attualmente la Turchia è una Repubblica Parlamentare, dove Capo dello Stato e Capo del Governo non sono la stessa persona, e il Presidente non viene eletto direttamente dal popolo ma indicato da una maggioranza politica. In una Repubblica Presidenziale accade l'esatto contrario: il Presidente non ha bisogno della fiducia di un'assemblea perché l'ha già ricevuta dagli stessi cittadini.La strategia di Erdogan ha sollevato non pochi dubbi, sia all'interno della compagine politica interna, maggioritaria o d'opposizione, che all'estero. Il potere di Erdogan - Primo Ministro da 2003 - è già avvalorato dal consenso del popolo, che, pare, ne approva in gran maggioranza l'operato; la "promozione" del politico a Capo dello Stato (quasi fosse il "sultano" di cui parla il corrispondente dell'Ansa) potrebbe portare alla concretizzazione della sua visione nazionalista e religio-centrica, per non dire assolutistica.
A nessuno è sfuggito il fare autoritario che Erdogan sfoggia anche all'interno del suo partito, e la tendenza ad accentrare il potere a dispetto della democrazia. Non sono parole mie, ma considerazioni che rimbalzano in tutta l'Europa, suggerite da un'opposizione preoccupata che l'operazione possa produrre un ''sistema di partito unico in una Turchia autoritaria'', o addirittura un "salto nella dittatura". Ora, bisognerà vedere se il Parlamento, dove si concentrano forze diametralmente opposte (liberisti, nazionalisti, curdi), riuscirà a contrastare l'azione dell'Akp, partito di Erdogan, essendo fondamentale la maggioranza dell'Assemblea per approvare una riforma costituzionale.
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