Quanti architetti italiani vengono a Istanbul con la prospettiva di un futuro migliore? O, almeno, di un lavoro che si possa definire tale? I due mercati - italiano e turco - stanno vivendo due periodo storici agli antipodi: mentre in Italia è tutto congelato, qui basta dare un'occhiata in giro per accorgersi che il settore delle costruzioni è in pieno fermento. Per saperne di più ho raccolto le testimonianze di due architetti che vivono a Istanbul, Rosaria Agueci e Antonello Ragnedda, fotografando i loro punti di vista in un'intervista doppia.
Architetti: qual è la situazione del mercato del lavoro in Italia?
ROSARIA. Il settore pubblico è abbastanza fermo: non paga e non bandisce nemmeno nuovi concorsi e gare d'appalto. In più, i pagamenti arretrati hanno generato tutta una serie di debiti a catena destabilizzando sia i professionisti che le imprese di costruzioni. Tra i privati, chi ha soldi ha paura di spenderli e di certo non li investe nella casa. Il quadro in Italia è abbastanza triste, anche per il Nord che di solito in questo settore è il più vivace. Si aggiungano inoltre gli effetti deleteri di una normativa inadeguata, che impedisce al comparto di modernizzarsi e allinearsi agli standard del resto del mondo: divieti troppo stringenti, tutela del paesaggio, normative obsolete etc. Insomma, non si fa più scuola come in passato.
ANTONELLO. Da neoarchitetto, giovane professionista, con la grande difficoltà di trovare lavoro pagato in uno studio strutturato, mi sentivo fortunato: avevo un lavoro e uno stipendio, seppur senza contratto. D'altro canto, mentre storicamente l'architetto che si affaccia sul mondo del lavoro può contare sulla struttura famiglia-amici - chi si sposa e ti fa fare la casa, chi la piccola ristrutturazione - con la crisi questo supporto è venuto a mancare. I lavori grandi se li accaparrano gli studi, mentre amici e parenti non si possono permettere di investire perché hanno le tasche vuote.
Ci vuole più coraggio per emigrare o per restare in Italia?
ROSARIA. Dal mio punto di vista ci vuole più coraggio a emigrare. Quando parti lasci dietro di te una serie di comodità: la famiglia d'origine, gli amici e i riferimenti di una vita, come la conoscenza profonda di una realtà e di una lingua. Per non parlare della normativa in materia di tutela del lavoro e diritti da cittadino che quando sei all'estero non ti competono più. Ovviamente se tutti i giovani lasciassero l'Italia non rimarrebbe nessuno per risollevare le sorti del paese.
ANTONELLO. Ci vuole più coraggio per prendere una decisione, quando questa decisione significa lasciare qualcosa. Lo so, questa non è proprio una risposta... ma se in Italia non hai niente da perdere non ci vuole niente a decidere di partire. Noi siamo partiti lasciando una certezza, sebbene fosse piccola. Se non avessi avuto anche quel lavoro sarei partito prima.
Quali sono i paesi più appetibili per voi?
ROSARIA. In questo momento vista la prospettiva di Olimpiadi e gli aspetti economici rilevanti, sicuramente la Turchia. Avevamo in lista anche il Brasile, l'Argentina e l'Australia.
ANTONELLO. Gli architetti e gli ingegneri che emigrano hanno due vie: o vanno a cercare un posto dove si possono formare oppure si lanciano in un paese dove possono lavorare. Tutti i paesi in crescita economica (dove c'è lavoro) sono spesso paesi in ritardo sotto certi punti di vista, senza infrastrutture e normative di un certo tipo (tutela ambientale per es.). Tra questi, la Turchia, l'Europa dell'Est, il Brasile, certi paesi asiatici. Chi si vuole invece formare raggiunge paesi come la Germania, l'Australia etc. Il Sud America è interessante sia per la formazione che per il lavoro, perché ospita due buone scuole di architettura. Altri paesi sudamericani, tra cui il Perù, stanno esplodendo.
Cosa rappresenta Istanbul per un architetto dalle belle speranze (prima di partire)?
ROSARIA. Non certamente la terra promessa, sapevamo che non era il paese dei balocchi. Ma è sicuramente un posto dove poter costruire la propria professionalità e offrire le proprie competenze, in studi dove serve realmente forza lavoro.
ANTONELLO. Se ti dico che siamo partiti in fretta e furia senza nemmeno leggere la pagina di Wikipedia mi credi? A parte gli scherzi, Istanbul è una nazione, non è una città. E' talmente grande da avere le opportunità di un intero paese.
Una volta arrivati a Istanbul, avete trovato delle difficoltà a inserirvi nel mondo del lavoro?
ROSARIA. Vista anche la mia competenza nell'ambito della sostenibilità un po' sì, perché la mia esperienza è piuttosto focalizzata sulla tutela ambientale. Qui l'argomento non è ancora stato sviluppato come in altri paesi. Ma d'altro canto questa è anche un'opportunità: mi trovo in un mercato dove c'è poca concorrenza; questo tipo di professionalità non si è ancora diffuso. L'obiettivo è formarmi in quest'ambito in attesa di poter offrire al meglio le mie competenze.
ANTONELLO. Io sono arrivato a Istanbul con un aggancio proposto da un amico, per cui avevo già una prospettiva. Le difficoltà non sono affatto paragonabili a quelle incontrate in Italia se consideriamo che anche in un solo sito (Architera) di lavoro per architetti, ogni giorno due o tre nuovi annunci vengono pubblicati sulla sola Istanbul. Anche su Kariyer e Yeni bir iş ci sono annunci interessanti (Elenco dei siti di ricerca di lavoro, ndr). In Turchia per gli architetti Istanbul è la città di riferimento, perché gli studi sono davvero numerosi: è come dire Milano per il design in Italia.
Dove avete cercato casa?
ROSARIA. Nella zona che all'epoca era vicina al posto di lavoro che avevamo trovato (che nel frattempo è cambiato), ovvero Taksim Cihangir. Una zona sicuramente molto bella ma anche molto cara.
ANTONELLO. Cihangir è bella ma non è economicamente la più vantaggiosa. Lo è invece dal punto di vista dei trasporti: è il posto più facile da raggiungere per chi non ha macchina.
Cosa consigliate a un architetto/ingegnere che si trova in Italia e ha intenzione di emigrare a Istanbul?
ROSARIA. Gli consiglierei di costruire un bel portfolio dove mettere in chiaro e valorizzare le competenze acquisite, sia a livello informatico che a livello di produzione architettonica. Poi di costruire un bell'elenco di studi da contattare, cercando sul web anche i siti specifici di annunci di lavoro. Per quanto riguarda la sistemazione gli consiglio di cercare casa in centro (Taksim nella parte europea e Moda nella parte asiatica) perché gli permetterà di spostarsi facilmente in qualunque punto della città. Inoltre, dovrà mettere in conto preventivamente le spese per frequentare un corso di turco, se il trasferimento è a lungo termine. Le probabilità di trovare lavoro aumentano sensibilmente.
ANTONELLO. Se riuscisse a fare un corso di turco prima di partire sarebbe meglio: è un'ottima chiave d'accesso anche se non è fondamentale. Per ricominciare daccapo è fondamentale avere voglia di mettersi in gioco. Istanbul è una città che rimette in discussione in tutti gli ambiti, dalla sfera professionale a quella intima. Consiglio inoltre di informarsi bene sul permesso di lavoro e sulle spedizioni dall'Italia (non si sa mai!)
Istanbul: un pregio e un difetto.
ROSARIA. Stimolante e multiculturale ma dalle mille facce, tutte da scoprire.
ANTONELLO. Il pregio è che è una città inaspettata, non ti lascia mai indifferente. Il difetto è che spesso quello che vedi ti mette alla prova dal punto di vista delle differenze culturali. Inoltre le distanze sono davvero amplificate, bisogna tenerne conto!
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